RIFUGI O SEMPLICI “RIPARI”? seconda parte

Febbraio 1, 2021 Off Di Archeologia del sottosuolo

Parte seconda: le conseguenze.

Nella prima parte dell’articolo abbiamo visto che la popolazione civile deve trovare rifugio dai bombardamenti terrestri, navali e aerei, ma tenendo in considerazione che questi possono essere effettuati anche impiegando gli aggressivi chimici, ovvero i così detti “gas di guerra”.

Il 26 giugno 1918 il Sindaco del Comune di Nozza firma il documento intestato «Norme da osservarsi in caso di incursioni aeree nemiche e disposizioni per la popolazione». Al punto n. 9 leggiamo che vi è la preoccupazione di dover affrontare i bombardamenti con le armi chimiche e contro le quali gli usuali rifugi antiaerei si rivelerebbero delle trappole mortali, visto che sono generalmente costruiti nel sottosuolo e che gli aggressivi chimici, più pesanti dell’aria, tendono a fluire e stagnare nei vani più bassi.

Ecco che cosa prescrive il falsamente rassicurante punto n. 9:

«Non essendo improbabile l’uso, da parte del nemico, di bombe a gas asfissiante, le quali però non possono riuscire pericolose che per piccolo spazio e i cui gas venefici vengono, di solito, avvertiti dal colore e dall’odore della nube, si reputa opportuno segnalare le seguenti norme precauzionali:

  1. a) Non si scenda in locali sottostanti al piano stradale.
  2. b) Chiunque si trovi in prossimità di bomba scoppiata con gas del genere, se ne allontani immediatamente, respirando attraverso il fazzoletto o altro tessuto, possibilmente, bagnato anche solo con acqua.
  3. c) I locali bassi siano ermeticamente chiusi; ai vetri che si infrangono per lo spostamento d’aria prodotto dallo scoppio, siano sostituiti diversi tratti di tela o mussola.
  4. d) Per attenuare gli effetti dei gas venefici è consigliabile una soluzione di 100 gr. di carbonato di soda e 100 gr. di iposolfito di soda in un litro di acqua. Con detta soluzione si spolverizzino, mediante pompe da viti, l’aria ed i muri dei locali, nei quali sia per avventura penetrato il gas e si imbevano i panni attraverso cui si respira, le chiusure di tela, ecc.» (Nicola Della Volpe, Difesa del territorio e protezione antiaerea (1915 – 1943). Storia, documenti, immagini, Stato Maggiore dell’Esercito – Ufficio Storico, Roma 1986, p. 120).

Per quanto riguarda strettamente i rifugi il punto successivo prescrive:

«Sono stabiliti nell’abitato appositi posti di rifugio riconoscibili da tabella con relativa iscrizione e fanale rosso che sarà acceso durante la notte. I posti di rifugio devono essere muniti nell’interno di mezzo di illuminazione sempre pronto e la chiave della porta dei medesimi deve potersi avere al primo segnale di allarme. I proprietari delle case dove sono sistemati i posti di rifugio debbono provvedere a quanto è detto nel precedente comma del presente articolo» (Ivi).

Proviamo adesso a dare una sguardo all’arsenale chimico presente nel corso della così detta “Grande Guerra”.

Non tutte le sostanze chimiche di seguito elencate pare siano poi state effettivamente utilizzate nel corso dei combattimenti, ma in ogni caso erano verosimilmente presenti negli arsenali dei belligeranti. Anche in questo caso occorrerebbe effettuare una indagine specifica ed esaminare, punto per punto, lo sviluppo e l’impiego delle armi chimiche presso ogni nazione che partecipò alla Prima Guerra Mondiale per avere un quadro cronologico esatto e una conoscenza altrettanto esatta delle specifiche armi adoperate.

 

Asfissianti o soffocanti

Sono sostanze che attaccano le vie respiratorie, conducendo nei casi più gravi all’asfissia, ovvero l’impedimento alla respirazione, dovuto all’avvelenamento del sangue, o alla soffocazione, oppure alla paralisi dei centri nervosi respiratori (Erminio Piantanida, Chimica degli esplosivi e dei gas di guerra, op. cit., pp. 340-357).

Cloro. Scoperto da Scheele nel 1774, è denominato Berthollite dai francesi; ha un effetto irritante delle vie respiratorie e può condurre alla morte per asfissia da edema polmonare.

Bromo. Ha effetti simili al cloro, come corrosione, soffocazione, irritazione agli occhi; può essere mortale.

Fosgene. Cloruro di carbonile, è ottenuto da Davy nel 1811 a causa dell’azione della luce solare su un composto di cloro e di ossido di carbonio, da cui il suo nome che significa «generato dalla luce», con effetti più devastanti del solo cloro; è chiamato Collongite dai francesi. Vero e proprio asfissiante, conduce alla morte anche se presente nell’aria in modeste concentrazioni.

Cloroderivati dell’etere metilcloroformico. Gas asfissianti di azione simile a quella del fosgene, sono stati tra gli aggressivi chimici più micidiali adoperati nella Grande Guerra. A seguito di vari composti si ottengono anche la Palite e la Surpalite o Superpalite, Perstoff per i tedeschi.

Acido cianidrico. Composto scoperto da Scheele nel 1782, è la Forestite dei francesi e la Blausaüre dei tedeschi. Determina la paralisi del centro nervoso respiratorio, conducendo alla morte. I francesi lo utilizzarono mescolato ad altre sostanze e la miscela più nota è la Vincennite.

Bromuro di cianogeno. È chiamato E-Stoff dei tedeschi; l’azione sull’organismo è analoga a quella dell’acido cianidrico, ma con azione anche irritante oltre che paralizzante.

Cloruro di cianogeno. È chiamato Mauguinite dei francesi; l’azione sull’organismo umano è analoga a quella del bromuro di cianogeno, quindi irritante e paralizzante.

Cloropicrina. Preparata da Stenhouse nel 1848; è l’Aquinite dei francesi e il Klop dei tedeschi. La sua azione determina irritazioni agli occhi e alle vie respiratorie, nonché avvelenamento, producendo nausea e vomito; gli inglesi lo chiamano Vomiting-Gas.

Solfato dimetilico. È il D-Stoff dei tedeschi; assai tossico, genera infiammazioni agli occhi e agli organi respiratori.

Clorosolfonati di metile e di etile. È il C-Stoff dei tedeschi, la Villantite e la Sulvinite dei francesi. Di odore pungente, è assai volatile e irritante, ma velenoso in alte concentrazioni.

Etere diclorometilico. Chiamato dai francesi Cici, è un composto irritante, velenoso e volatile. È usato dai tedeschi nella Grande Guerra, anche miscelato con altre sostanze.

Etere dibromometilico. Chiamato dai francesi Bibi, è un composto moderatamente irritante, ma assai tossico. Analogamente al precedente altera il senso dell’equilibrio, tant’è che i francesi lo chiamano gas labyrinthiques.

Cloruro di fenilcarbilammina. È il K-Stoff dei tedeschi; considerabile come lacrimogeno, è irritante per gli occhi e le vie respiratorie.

 

Lacrimogeni e starnutatori

In prevalenza si tratta di sostanze che hanno un’azione irritante sugli occhi e sulle mucose del naso, provocando lacrimazione, starnutazione e infiammazione. Come ricorda Piantanida: «S’intende che, a seconda della quantità assorbita, essi hanno poi anche azione che si manifesta con attacco agli organi respiratori o al sistema nervoso o al sangue, con conseguenze mortali. I lacrimogeni furono i prodotti che iniziarono, nel 1914, sia pure non ufficialmente, la guerra coi gas» (Ibidem, pp. 357-374).

Bromuro di xilile. È il T-Stoff dei tedeschi; produce irritazione sulle mucose degli occhi.

Bromuro di benzile. È il gas lacrimogeno Cyklite dei francesi, adoperato anche dai tedeschi; produce irritazione alle mucose degli occhi.

Ioduro di benzile. Si tratta di un gas lacrimogeno, anche noto come Fraisinite, producente irritazione sulle mucose degli occhi.

Cloroacetone. È l’A-Stoff dei tedeschi e la Tonite dei francesi, impiegato da questi ultimi fin dal 1914; irritante per gli occhi, può anche essere tossico in rilevanti concentrazioni.

Bromoacetone. È il B-Stoff dei tedeschi, la Martonite dei francesi e il BA degli americani; è un lacrimogeno irritante delle mucose e degli occhi. Poteva penetrare attraverso le maschere protettive.

Bromometiletilchetone. È il Bn-Stoff dei tedeschi e l’Homomartonite dei francesi.

Cianuro di bromobenzile. Inventato da Reimer nel 1881, è la Camite dei francesi e il CA degli americani; ha una lunga persistenza sul terreno, è un energico irritante degli occhi e tossico ad alte concentrazioni.

Cloroacetofenone. È il CN degli americani; di bassa tossicità, è irritante degli occhi e delle vie respiratorie.

Arsine. Si tratta di aggressivi chimici tra cui si hanno:

Difenilcloroarsina. Preparata da Michaelis e La Coste nel 1880, in laboratorio, è l’arsina più nota usata nella Grande Guerra. Chiamata dai tedeschi Clark I e dagli americani DA, è un gas starnutatorio, lacrimogeno e irritante.

Difenilcianarsina. Per tedeschi Clark II e gli americani CDA, è utilizzata nel 1918 dai tedeschi e caricata in proiettili esplosivi distinti con la croce blu.

Etildicloroarsina. Per gli americani ED e i tedeschi Dick; questi ultimi l’hanno utilizzata, in proietti, come ausiliario al gas vescicatorio persistente (croce gialla 1) e come ausiliario agli asfissianti poco persistenti (croce verde 3).

Metildicloroarsina. Scoperta da Bayer nel 1858, è utilizzata dagli americani indicandola con MD, mentre i tedeschi la chiamarono Methyldick.

Difenilammincloroarsina o cloruro di fenarsazina. È preparata nel 1918 dall’americano Adams, seppure già nota dal 1915; gli americani la chiamano DM e gli inglesi Adamsit.

 

Vescicatori

Le sostanze vescicatorie o vescicanti provocano, come effetto visibile, la comparsa di vesciche. Così spiega Piantanida: «Nella guerra mondiale, tra il 1916 e il principio del 1917, si era giunti ad una specie di equilibrio tra i mezzi di offesa e i mezzi di difesa coi gas: erano già comparsi, oltre ai lacrimogeni, gli asfissianti più terribili, ma essi erano tutti opportunamente arrestabili colle maschere antigas, specialmente ad opera del carbone attivo in esse contenuto. Il combattente era ormai regolarmente munito di maschera che gli difendeva gli occhi, il naso, la bocca (e quindi gli organi respiratori) dai gas che egli poteva incontrare sul campo. Per ottenere un progresso nella guerra chimica, si pensò allora di impiegare sostanze che agissero anche sulla pelle in modo da obbligare il nemico a proteggere tutto il corpo dei suoi soldati» (Ibidem, pp. 374-385).

Si introducono quindi gli aggressivi chimici vescicanti, mescolandoli inoltre con le arsine, per garantire una penetrazione anche nelle maschere dotate di filtri a soli carboni attivi.

Diclorodietilsolfuro. Sostanza liquida nota con il nome di Iprite o Yprite, per i tedeschi è Lost, per i francesi Ypérite e HS per gli americani; gli inglesi lo hanno chiamato Mustard-Gas, ovvero gas-mostrada, e Senf-Gas, in quanto olfattivamente ricordava l’aglio e la senape. La prima sintesi dell’iprite è ottenuta da Despretz nel 1822 ed ha effetti infiammatori, vescicatori e tossici. Viene impiegato per la prima volta dai tedeschi il 22 luglio 1917, sul Fronte Occidentale nel settore di Ypres, il quale prende il nome dall’omonima cittadina belga e da cui deriva poi la denominazione dell’aggressivo chimico.

Clorovinildicloroarsina. È la Levisite, M-1 per gli americani e Lewisit per gli inglesi; è preparata in America da Lewis nel 1917. Con effetti simili a quelli dell’iprite, ovvero con effetti infiammatori, vescicatori e tossici, è chiamata the dew of the death, ovvero rugiada della morte.

 

Fumogeni o nebbiogeni

Nel corso della “Grande Guerra” i belligeranti utilizzano «nebbie artificiali» tanto a terra quanto in mare per mascherane le proprie forze a fini sia offensivi, sia difensivi. Così specifica Piantanida: «La produzione di queste nebbie artificiali è affidata a diverse sostanze che prendono il nome di fumogeni o nebbiogeni e che rientrano tra le sostanze aggressive anche perché le nebbie o fumi, da esse generate, sono quasi sempre costituite da sostanze più o meno irritanti» (Ibidem, pp. 385-392).

Sostanzialmente i fumi sono prodotti da sospensioni di particelle solide, mentre le nebbie da sospensione di particelle liquide. Taluni prodotti si utilizzarono anche mescolandoli ad aggressivi chimici veri e propri, come, ad esempio, il fosgene e l’acido cianidrico.

Fosforo. La nebbia di acido fosforico ha l’effetto di ledere gli organi della respirazione e può essere velenosa e mortale.

Anidride solforica. La nebbia di acido solforico è irritante per la pelle e per gli organi respiratori. – Acido clorosolfonico o cloridrina solforica. Si usa per la produzione di nebbie analoghe a quelle ottenute con l’anidride solforica.

Tetracloruro di titanio. È l’F-Stoff dei tedeschi; la nebbia prodotta è generalmente inoffensiva.

Tetracloruro di silicio. Si ottiene una nebbia bianca e densa, la quale non ha, generalmente, azioni irritanti sugli organi respiratori.

Tetracloruro di stagno. Si tratta di un nebbiogeno; è usato da francesi e inglesi come solvente del fosgene, dell’acido cianidrico e della cloropicrina per tentare di far penetrare questi asfissianti attraverso le maschere non munite di filtro per le sospensioni di polveri.

Pentacloruro di antimonio. Si tratta di un prodotto che dà notevoli effetti nebbiogeni.

Cloruro di zinco. Date le reazioni chimiche, le nebbie che il prodotto forma vengono chiamate nebbie di zinco.

Naftetine. Si tratta dei residui di distillazione dei petroli e danno luogo a nebbie azzurrine.

 

Ancora sugli aggressivi chimici

Al fine di auspicabili e approfonditi studi storici sull’argomento che il presente articolo desidera sollecitare, si ritiene utile presentare anche uno stralcio della tabella pubblicata da Lustig, in cui gli aggressivi chimici sono suddivisi per raggruppamento chimico: «Tabella 1 – i più importanti gas da combattimento impiegati o studiati durante la guerra mondiale» (Alessandro Lustig, Effetti e cura dei gas di guerra,  op. cit., tab. I); i “nomi di guerra” sono qui riportati in corsivo. Non tutti sono stati impiegati, come riporta la tabella e, ad esempio, per i Lewisiti è così annotato: «Preparati dagli Americani e non usati per il sopraggiungere dell’armistizio» (Ivi).

Alogeni. 1. Cloro (Bertholite); 2. Bromo.

Ossido di carbonio e derivati. 3. Ossido di carbonio; 4. Ossicloruro di carbonio (Fosgene); 5. Clorosolfuro di carbonio (tiofosgene) (Lacrimite); 6. Tetraclorosolfuro di carbonio.

Alogeno e nitroderivati degli idrocarburi. 7. Nitrocloroformio (Cloropicrina) (Klop, Aquinite); 8. Bromuro di benzile (Ciclite, Camite); 9. Ioduro di benzile; 10. Bromuro di xilile (orto-meta-para) (T. Stoff).

Composti solforati. 11. Clorosolfato di metile (C. Stoff); 12. Clorosolfato di etile; 13. Solfato dimetilico (D. Stoff, Rationite); 14. Solfuro di etile biclorurato (Solfato di dicloroetile) (Yprite, Mustard Gas, Senf-gas, Lost).

Composti arsenicali. 15. Tricloruro d’Arsenico; 16. Metildicloroarsina; 17. Etildicloroarsina; 18. Fenildicloroarsina (Sternite); 19. Difenilcloroarsina (Clark 1); 20. Difenilcianarsina (Clark 2); 21. Clorovinildicloroarsina (Lewisite 1a); 22. Diclorovinilcloroarsina (Lewisite 2a); 23. Triclorovinilarsina (Lewisite 3a); 24. Difenilamincloroarsina (Adamsite).

Aldeidi. 25. Aldeide acrilica (acroleina) (Papite).

Derivati dei chetoni. 26. Cloroacetone; 27. Bromoacetone (B. Stoff); 28. Jodoacetone; 29. Bromometiletilchetone (Bn. Stoff).

Acidi organici e derivati. 30. Cloroformiato di metile; 31. Cloroformiato di metile monoclorurato (Palite, K. Stoff, C. Stoff); 32. Cloroformiato di metile biclorurato; 33. Cloroformiato di triclorometile (difosgene) (Superpalite, Perstoff); 34. Jodoacetato d’etile.

Acido cianidrico e derivati. 35. Acido cianidrico (Vincennite); 36. Cloruro di cianogeno (Manguinit); 37. Bromuro di cianogeno; 38. Cloruro di difenilcarbilamina; 39. Cianuro di bromobenzile (Camite, Teergas).

Un’ulteriore tabella riporta i «principali composti chimici usati in guerra a scopo offensivo e difensivo», annotando che «I composti chimici proposti e studiati dai vari belligeranti durante la guerra mondiale, in rapporto alle loro proprietà aggressive utilizzabili sul campo, furono moltissimi: di questi una trentina circa furono usati e solo cinque o sei su vasta scala da tutti i belligeranti» (Ibidem, p. 31).

Nella II Guerra Mondiale in Italia si sono ricavati innumerevoli rifugi antiaerei (denominati ufficialmente “ricoveri”) per la popolazione civile, ma per la quasi totalità dei casi si è trattato di approntamenti e adattamenti inefficaci contro l’eventuale utilizzo delle armi chimiche.

Difatti tali “ricoveri” si sono allestiti nelle cantine, ai piani terreni (come ad esempio a Como), in cave, miniere e persino in tratti di acquedotti sotterranei antichi (come ad esempio a Orte).

Ben pochi erano i rifugi in cemento armato e in grado di essere tanto “antibomba” quanto “antigas”.

Fortunatamente nel corso della II Guerra Mondiale le armi chimiche non vennero impiegate, ma queste tutt’oggi sono ben presenti in ogni arsenale militare.

 

DIDASCALIE DELLE IMMAGINI

FIG. 3. «Azione di una goccia di Lewisite sulla pelle dopo 24 ore» (Alessandro Lustig, Effetti e cura dei gas di guerra, op. cit., tav. VII).

FIG. 4. «Fanti in un ricovero, colpiti, durante il sonno, dalla nube mortifera lanciata, in grande stile, dagli Austriaci sul S. Michele del Carso, nell’alba del 29 Giugno 1916» (Alessandro Lustig, Effetti e cura dei gas di guerra, op. cit., s.p.).

 

BIBLIOGRAFIA CITATA

Maria Antonietta Breda, Gianluca Padovan, Como 1915-1945: protezione dei Civili e rifugi antiaerei, Lo Scarabeo editrice, Milano 2014.

Nicola Della Volpe, Difesa del territorio e protezione antiaerea (1915 – 1943). Storia, documenti, immagini, Stato Maggiore dell’Esercito – Ufficio Storico, Roma 1986.

Alessandro Lustig, Effetti e cura dei gas di guerra, terza edizione, Istituto Sieroterapico Milanese, Milano 1936.

Erminio Piantanida, Chimica degli esplosivi e dei gas di guerra, Regia Accademia Navale, seconda edizione, Livorno 1940.

Alberto Recanatini, I rifugi antiaerei di Ancona nelle due guerre mondiali, in Roberto Basilico, Maria Antonietta Breda, Gianluca Padovan (a cura di), Atti III Congresso Nazionale di Archeologia del Sottosuolo: Massa 5-7 Ottobre 2007. Archeologia del rifugio antiaereo: utilizzo di opere ipogee antiche e moderne per la protezione dei civili, Hypogean Archaeology (Research and Documentation of Underground Structures), British Archaeological Reports International Series 2218, Oxford 2011, pp. 1-18.