Quattro zampe e un sacco di malattie – SECONDA PARTE

Settembre 15, 2025 Off Di Archeologia del sottosuolo

Quattro zampe e un sacco di malattie – SECONDA PARTE

La “morte nera”

di Gianluca Padovan (Federazione Nazionale Cavità Artificiali).

La “morte nera”

Cominciamo con la “morte nera”. Non vogliamo parlarvi della gigantesca astronave vista e rivista in “Guerre Stellari”, ma di qualche cosa d’infinitamente più piccino: il batterio della peste. Si tratta di una malattia infettiva contagiosa, con grave sintomatologia acuta che determina un alto tasso di mortalità, manifestandosi in “peste bubbonica” o in “peste polmonare”. È causata dal batterio Yarsina pestis, che viene trasmesso all’essere umano dalle pulci del “ratto nero”, ma non da lui solo. Anche la pantegana ospita pulci portatrici della peste, ma queste non si “attaccano” al bipede, o almeno così dicono i testi scientifici. Prendendo in mano la ristampa di un libro d’altri tempi c’immergiamo nell’atmosfera lombarda del XIV secolo: «L’anno scorso, d’estate, la peste ha raggiunto Milano e ha imperversato per il contado, tanto che, nell’inefficacia d’ogni rimedio, in città e nei sobborghi in breve tempo sono morti 77.000 uomini. Nel contado ne sono morti tanti che non si può dirne il numero» (Pietro Azario, Cronaca della Lombardia e dei Visconti (Chronicon), Associazione Culturale Liutprand, Pavia 1997, p. 161).

underground

Gian Giacomo Mora e la peste

A questo punto non può mancare un posteriore passo di Alessandro Manzoni, lasciando poi a voi l’utile proseguimento della lettura sul famoso processo contro Gian Giacomo Mora: «Ai giudici che, in Milano, nel 1630, condannarono a grandi supplizi atrocissimi alcuni accusati d’aver propagato la peste con certi ritrovati sciocchi non men che orribili, parve d’aver fatto una cosa talmente degna di memoria, che, nella sentenza medesima, dopo aver decretata, in aggiunta de’ supplizi, la demolizion della casa d’uno di quegli sventurati, decretaron di più, che in quello spazio s’innalzasse una colonna, la quale dovesse chiamarsi infame, con una iscrizione che tramandasse ai posteri la notizia dell’attentato e della pena» (Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame, Gianluca Barini (a cura di), R.C.S. Libri, Milano 2002, p. 21).

FINE SECONDA PARTE DI TRE

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