Cos’era un Rifugio Antiaereo?

Febbraio 1, 2021 Off Di Archeologia del sottosuolo

Il rifugio antiaereo era un riparo atto a proteggere persone e materiali in caso di bombardamento aereo. Poteva essere progettato e realizzato a seguito di specifici studi e rispondere a precise esigenze o poteva anche essere costruito con materiale di recupero, oppure sfruttando strutture già esistenti, come nel caso di un seminterrato, di una cantina, di una cava o di una miniera sotterranea. In Italia i rifugi ad uso civile erano denominati «ricoveri», in quanto si riteneva che la parola suonasse meno sinistra alle orecchie della gente.

Tra le due guerre mondiali, nonché nel corso della Seconda, si dà luogo alla costruzione di numerosi rifugi soprattutto per i civili, al di sotto degli edifici privati, pubblici e delle fabbriche.

Alcuni erano concepiti per resistere a bombardamenti sia ordinari sia con aggressivi chimici, ma in linea di massima un buon rifugio antiaereo doveva essere a prova di bomba, con le seguenti caratteristiche e con lo specifico materiale in dotazione:

  1. Resistere alla penetrazione e allo scoppio degli ordigni ordinari, incendiari, chimici.
  2. Avere almeno un ingresso e una uscita di sicurezza, entrambi chiusi verso l’esterno con porte antiscoppio, collocate ad almeno 20 centimetri da terra, dotate di guarnizioni in modo da poter fermare anche i gas e il fumo prodotto dagli incendi.
  3. Sia all’esterno sia all’interno potevano essere costruiti muri paraschegge e antisoffio.
  4. Tra l’ingresso e il rifugio vero e proprio doveva esservi un vano denominato antiricovero, chiuso verso l’esterno con un’ulteriore porta blindata antigas, generalmente più leggera della porta antiscoppio.
  5. Il rifugio doveva essere dotato d’impianto per il ricambio dell’aria mediante ventilazione forzata, con la possibilità di filtrare e rigenerare l’aria mediante apposite apparecchiature; in caso di attacco con i gas la pressione interna dell’aria doveva essere portata a un livello superiore di quella esterna, in modo che i gas non potessero penetrare in alcun modo.
  6. La corrente elettrica doveva essere autonoma, fornita da un proprio generatore che, in caso di malfunzionamento, poteva essere sostituito da sistemi manuali a manovella o a bicicletta.
  7. Dovevano esservi i posti a sedere costituiti da panche in legno o in muratura (denominate «sedute»),i servizi igienici e l’acqua potabile, possibilmente corrente.
  8. Internamente doveva esservi una scorta di viveri, materiale medico di primo soccorso anche in previsione di attacchi con aggressivi chimici e possibilmente un locale da utilizzare come infermeria.
  9. Il rifugio doveva avere in dotazione il materiale antincendio come secchi e sabbia, nonché pale, picconi e leverini per l’eventuale sgombero di macerie.
  10. Sia all’interno sia all’esterno del rifugio dovevano esservi apposite scritte per indicare innanzitutto l’accesso e l’uscita di sicurezza o di soccorso; per il solo interno le scritte servivano a indicare i servizi igienici, l’acqua potabile e le regole da rispettare.

Gianluca Padovan

(Associazione Speleologia Cavità Artificiali Milano – Federazione Nazionale Cavità Artificiali)