1522: TRINOMIO VINCENTE (prima parte)

Novembre 9, 2021 Off Di Archeologia del sottosuolo

1522, TRINOMIO VINCENTE: FOSSATO, ARCHIBUGIO E MILIZIA MILANSE

… Attorno alla Bicocca si batterono come leoni per la sopravvivenza del Ducato 

Tratto da: Gianluca Padovan, Forse non tutti sanno che a Milano…, Newton Compton, Roma 2016.

Le carte da gioco si mescolano ancora e nel 1520 la situazione è la seguente: il re Francesco I e l’imperatore Carlo V (Gand 1500 – Yuste 1558) sono in lotta per la supremazia sull’Europa. L’Italia e soprattutto la Lombardia sono i campi di battaglia preferiti e nel mese di novembre del 1521 con un trattato segreto si uniscono Carlo V, Leone X ed Enrico VIII. Intanto Milano è stretta d’assedio dalle truppe imperiali e pontificie e Ferdinando Francesco d’Avalos, alla testa di un piccolo contingente di archibugieri, con un colpo di mano s’impadronisce del bastione di Porta Romana e apre le porte al suo esercito. Le truppe francesi evacuano la città, ma lasciando un presidio nel Castello di Porta Giovia. Francesco Maria II Sforza è messo sul trono dalla lega stretta tra Carlo V e Leone X.

Truppe del re e truppe della Lega giostrano in lungo e in largo nella Lombardia, azzuffandosi, tendendosi agguati, ma senza trovare l’opportunità per sferrarsi un colpo decisivo. Nel mese di aprile del 1522 l’esercito francese non accetta battaglia su di un terreno sfavorevole e punta su Milano, ma quello della Lega lo precede ed entra in città. Le truppe del re di Francia tirano diritto e si acquartierano poco a sud di Monza, riorganizzandosi e preparandosi a riconquistare Milano. Parrebbe il classico gioco di morte del gatto con il topo, ma la fermezza, il coraggio e la sorte possono ribaltare gli esiti. E la sorte, stavolta, è aiutata da un trinomio vincente, l’“archibugio-canale-fante milanese”.

L’esercito imperiale si ferma lo stretto necessario per rifornirsi, esce da Milano e s’attesta a pochi chilometri a nord, alla Bicocca degli Arcimboldi situata sulla strada per Cascina Torretta, attuale viale Sarca verso Cinisello Balsamo e Sesto San Giovanni. È pronto a dare battaglia, ma essendo numericamente inferiore attende a piè fermo l’avversario trincerandosi attorno alla residenza. E il mese d’aprile sta per volgere al termine.

In un capitolo precedente s’è scritto: «Nel giugno 1323 Raimondo di Cardona di Tarascona marchese d’Incisa lascia Monza per attaccare direttamente Milano». Sono passati esattamente due secoli e un anno: la storia si ripete e un esercito dal territorio di Monza cala su Milano. Coincidenza, casualità, gioco del fato? Eppure noi scordiamo che la storia, come dice Giambattista Vico, tende sempre a ripetersi. Certo, non esattamente, ma bensì nella sostanza dei fatti. In un libro d’un paio di secoli fa ho trovato scritto: «La storia è la chiave e la conservatrice di tutte le cognizioni umane» (Carlo Morbio, Storie dei Municipj italiani, Vol. V, Società tipografica de’ Classici Italiani, Milano 1861, p. 1).

Ma torniamo alla Bicocca. Pochi ricordano questa cascinona signorile e ancor meno sanno che qui si è combattuta la prima battaglia moderna, dove il fante armato d’archibugio si è imposto per la prima volta sul fante armato di picca e sulla cavalleria pesante.

Il capitano di ventura Prospero Colonna (Lavinio 1452 circa – Milano 1523) è il comandante dell’esercito imperiale di Carlo V e della Lega nella battaglia della Bicocca. Uomo d’arme famoso e stimato, non si lascia mai prendere la mano e dirige le operazioni con cura e soprattutto cautela, ben sapendo che se si vuole praticare l’arte della guerra con profitto occorre innanzitutto valutare attentamente le forze dell’avversario e scegliere bene il terreno dello scontro decisivo. Di lui è nota la capacità d’acquartierare le truppe in accampamenti ben organizzati e a prova di sorprese. Con lui si schierano i comandanti più noti dell’epoca e che faranno parlare molto di loro anche nei secoli a venire tanto nel “bene” quanto nel “male”. In alcuni testi si riportano i nomi dei capitani che figurano aver preso parte allo scontro, ma in realtà, pur facendo parte dell’esercito imperiale, quel fatidico giorno erano altrove, impegnati in contingenti operazioni militari.