Protezione dei monumenti & Speleologia

Agosto 19, 2021 Off Di Archeologia del sottosuolo

Così scrive un secolo e mezzo fa il Tenente Colonnello del Genio Militare Dufour, del Real Esercito del Regno delle Due Sicilie:

«L’oggetto della fortificazione è di mettere un certo numero di uomini in istato di far fronte ad un numero più considerevole. La prima cosa a praticarsi allorché si è troppo debole per lottare corpo a corpo, col suo nemico, è di tenerlo distante; la seconda di coprirsi, per mettersi al sicuro da’ projettili ch’ei può lanciargli, e la terza di serbarsi il vantaggio della mobilità, e dello sviluppamento delle proprie forze. Da queste tre considerazioni, che possono riguardare come altrettanti principî, procedono le forme delle differenti opere di fortificazione» (Vincenzo Pugliese -traduzione di-, Memoriale peri lavori di guerra di G. H. Dufour Tenente Colonnello del Genio, Membro della Legione di Onore, Reale Tipografia della Guerra, Napoli 1841, p. 13).

Oggi le fortificazioni del passato sono oggetto di studio e di recupero a fini generalmente culturali. Ma non sempre. Pertanto si è una composta la monografia su di un forte bastionato piemontese e, grazie allo Speleologo Maurizio Tavagnutti e al Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” aps – Gorizia, la si è data virtualmente alle stampe.

Ecco lo “speciale” della rivista online “Sopra e Sotto il Carso” dedicato al Forte di Demonte in Valle Stura (Piemonte), minacciato dal progetto di una improvvida e impattante galleria.

Speleologicamente parlando si dimostra che l’opera architettonica è tranquillamente recuperabile. Difatti il Forte è stato indagato soprattutto “nel profondo”. Potete scaricarlo a questo link:

Dai tre principi del fortificare”, bene espressi dal Tenente Colonnello del Genio Dufour, dichiaro che, ai giorni nostri, le fortificazioni del passato possono in taluni casi costituire il baluardo del presente contro la cupidigia demolitrice avanzante; esse sono la difesa del territorio fisico e ancestrale contro la cancellazione operata da ruspe, asfalto e cemento (con i soldi di banche e imprenditori, ovviamente).

Il Forte di Demonte esiste, ma l’ignoranza, la cupidigia e una buona dose di lassismo lo vogliono relegare allo stato di rudere informe.

Sono certo che gli Speleologi Italiani e la Speleologia Italiana (al di là delle sigle e delle “parrocchie” che l’ammalorano) possano oggi, adesso, dare un contributo fondamentale alla conoscenza e alla salvaguardia del nostro patrimonio storico, artistico e monumentale.

Il Forte di Demonte è ancora in gran parte da riscoprire: quindi che ci si rimbocchi le maniche!

Intanto, Buona Lettura!

Gianluca Padovan