1522: TRINOMIO VINCENTE (seconda parte)

Novembre 9, 2021 Off Di Archeologia del sottosuolo

1522, TRINOMIO VINCENTE: FOSSATO, ARCHIBUGIO E MILIZIA MILANSE

… Attorno alla Bicocca si batterono come leoni per la sopravvivenza del Ducato

Tratto da: Gianluca Padovan, Forse non tutti sanno che a Milano…, Newton Compton, Roma 2016.

Chi prese parte alla Battaglia della Bicocca nel 1522? Ecco i “partecipanti” più in vista:

– Alfonso III d’Avalos, marchese del Vasto (Ischia 1502 – Vigevano 1546). Condottiero per la casata asburgica, ha un ruolo importante nella battaglia di Pavia e al comando dell’avanguardia imperiale fa aprire una breccia nel muro del parco Mirabello e attacca con vigore l’ala sinistra dello schieramento avversario. Alla fine del 1525 è nominato capitano generale della fanteria italiana per il suo valore. Attorno al 1533 il pittore cadorino Tiziano Vecellio ne esegue il ritratto in armatura; il quadro (olio su tela, 110 x 80 cm) è oggi conservato al Getty Center di Los Angeles in California.

– Ferdinando Francesco d’Avalos, marchese di Pescara (Napoli 1490 – Milano 1525). D’origine spagnola, non si considera italiano nemmeno per un istante e impersona la figura classica del conquistatore sprezzante, distinguendosi non solo per le sue doti di comando, ma anche per la spietatezza nella conduzione della guerra. Nel 1522 conquista Genova sottoponendola al saccheggio e concedendo ai suoi violenze inaudite contro la popolazione civile inerme. Alla Bicocca comanda il quadrato di fanteria spagnola, mentre è l’artefice dell’audace attacco al campo francese nel Parco Mirabello, episodio principale della battaglia di Pavia.

– Giovanni Matteo Beccaria, marchese di Mortara (// – 1535 circa). Condottiero di ventura, nel 1515 è al servizio di Massimiliano Sforza e l’anno seguente a quello dell’Impero, con cui rimane sino alla fine. Partecipa alla difesa di Pavia con un migliaio di suoi uomini e nel 1532 combatte contro i Turchi in Boemia e in Ungheria. Paolo Giovio lo definisce “capitano di grande ardire”; viene sepolto nella chiesa di San Francesco a Pavia.

– Pietro di Cardona conte di Golisano (Palermo 1467 circa – Bicocca 1522). Con una carriera militare di tutto rispetto, partecipa alla guerra d’Andalusia conclusasi nel gennaio 1492 con la conquista di Granada. Stratego di Messina e ammiraglio del Regno di Napoli, gli storici lo ricordano d’aspetto regale, colto e d’ottima qualità morale. Nella battaglia della Bicocca, secondo Giovio, sollevata la visiera dell’elmo muore a causa di un verrettone di balestra che gli trafigge un occhio, o «percosso d’uno schioppetto nell’elmetto» come scrive Guicciardini.

– Giovanni Battista Castaldo, marchese di Cassano (Cesinola 1493 – 1563 circa). Di umili condizioni, è uomo d’arme che si guadagna sul campo la propria fama combattendo sempre per la casata asburgica. Alla Bicocca comanda un reparto di cavalleria, partecipa al sacco di Genova e nella battaglia di Pavia cattura il re di Francia. Successivamente combatte in Ungheria contro i Turchi. È autore, ma sotto il nome del proprio segretario Ascanio Centorio, del libro di tecnica militare Discorsi di guerra.

– Francesco Castellalto (Castellalto 1480 circa – Trento 1554). Per condizione sociale e tradizione familiare diviene uomo d’arme e capitano al solo servizio degli Asburgo. Nel 1512 a Verona sostiene l’assedio dei Veneziani; a seguito della costituzione della Lega nel 1520 conduce seimila Lanzichenecchi in Lombardia. L’anno seguente porta altri seimila Lanzichenecchi sempre in Lombardia, combatte alla Bicocca e alla Battaglia di Pavia. È capitano di Trento nel 1527.

– Girolamo Colonna (// – 1525 circa). Fratello di Ottaviano, Marcantonio, Marcello e Giulio, è un condottiero di ventura. Tra il 1480 e il 1520 presta servizio per il regno di Napoli, Siena e lo Stato Pontificio. Nel 1521 è con l’esercito imperiale e dopo la Bicocca si hanno di lui poche notizie.

– Stefano Colonna, signore di Palestrina (// – Pisa 1548). Condottiero di ventura, successivamente alla battaglia della Bicocca rimane al servizio di Francesco Maria II Sforza. Nel 1527 passa ai Francesi al servizio di Odet de Foix conte di Lautrec ed è sconfitto a Landriano da Antonio de Leyva. Tra le varie imprese compiute si ricorda che nel 1544 è inviato da Firenze a Casole contro i Turchi che hanno conquistato Porto Ercole e Talamone, contribuendo a scacciarli anche da Orbetello. È menzionato come uomo d’arme capace, avveduto e coraggioso, non privo d’umanità.

– Ambrogio da Landriano, signore di San Costanzo (// – 1530 circa). Condottiero di ventura, alla fine del XV secolo presta servizio sotto Giovanni della Rovere e successivamente accetta varie condotte combattendo per Firenze, lo Stato Pontificio e Urbino. Alla Bicocca è fatto prigioniero dai Francesi. Nel 1526 a Milano ottiene il comando di ottocento archibugieri lombardi e continuerà a combattere per il Ducato fino alla fine.

– Georg von Frundsberg (Mindelburg 1473 – Mindelburg 1528). Condottiero tedesco di Lanzichenecchi, è uno dei più famosi capitani di ventura del suo tempo. Si distingue in Piccardia contro le forze francesi e così pure alla Bicocca e nella battaglia di Pavia. Di confessione luterana, a proprie spese organizza «il corpo dei dodicimila mercenari lanzichenecchi che presero parte con l’esercito del conestabile Carlo di Borbone al sacco di Roma (1527) lasciando triste fama di sé per i vandalismi e le crudeltà cui si abbandonarono». In marcia su Roma, attraversa e devasta la Val Sabbia, si scontra con le truppe di Giovanni de’ Medici alias Giovanni dalle Bande Nere, cerca di sedare una rivolta delle proprie truppe ed è colpito da infarto prima di giungere alla Città Eterna; rientra in patria e muore nel suo castello di Mindelgeim. Viene descritto dagli storici come efficiente, capace, “tutto d’un pezzo” e drammaticamente spietato.

– Kaspar von Frundsberg (1501 – 1536). Figlio di Georg von Frundsberg, oltre alla Bicocca partecipa alla battaglia di Pavia e, successivamente, al tristemente noto “sacco di Roma” nel maggio del 1527, condotto dai Lanzichenecchi sotto il comando di Carlo duca di Borbone connestabile di Francia nonché conte di Montpensier e delfino di Alvernia.

– Federigo Gonzaga, duca di Mantova e marchese del Monferrato (1500 – 1540). Figlio del marchese di Mantova Francesco Gonzaga e d’Isabella d’Este, all’età di 10 anni è ostaggio di Giulio II. Successivamente è ostaggio del Re di Francia, da cui riceve il Collare di Cavaliere dell’Ordine di San Michele, che restituisce quando diviene Governatore dello Stato Pontificio. Nel 1521 è Capitano generale della Chiesa, ma l’esercito imperiale è comandato da Prospero Colonna, con il quale, secondo Aliprando Caprioli (Capriolo), combatte alla Bicocca. Così è descritto: «Era di statura grande, e gagliardo; di carnagion bianca; d’occhi, barba e capelli neri».

– Antonio de Leyva (Navarra 1480 – Aix-en-Provence 1536). Condottiero spagnolo, veterano di trentadue battaglie e quarantasette assedi, diviene governatore di Milano per conto di Carlo V. È senza dubbio uno degli uomini d’arme più famosi del Rinascimento. Tiene con vigore la città di Pavia assediata da Francesco I, fatto d’arme conclusosi con la famosa battaglia del 1525, dove il re di Francia si beccherà una palla d’archibugio sull’armatura e finirà prigioniero. Sua pronipote è Marianna de Leyva, nota come suor Virginia, la monaca di Monza di manzoniana memoria.

– Luca Perego, detto “Capitano Pozzo” (Milano? 1492 – Perego 1562). Prese le armi fin da giovane, nel 1512 è al servizio di Massimiliano Sforza e partecipa alla Battaglia di Ravenna, l’anno successivo a quella di Novara e poi è presente a Marignano. Alla Bicocca combatte con onore. Assieme a Gian Giacomo Medici detto “il Medeghino” uccide Ettore Visconti in un agguato e passa al servizio dei Medici, di Venezia, ecc. È descritto come «Capitano di gran valore, e espertissimo nell’arte militare».

– Francesco Salamoni (Sutera 1478 – Parma 1569). Ucciso un coetaneo in duello si dà al mestiere delle armi, ma anche allo studio delle fortificazioni e della matematica. Nel 1503 è uno dei tredici campioni che battono i Francesi nella Disfida di Barletta, a seguito della quale è nominato cavaliere. Nel 1512 è alla Battaglia di Ravenna; dopo la Bicocca combatte per il Ducato di Milano e successivamente per lo Stato Pontificio. Muore nel suo letto all’età di 91 anni.

– Francesco Maria II Sforza, duca di Milano (Milano 1492 o 1495 – Milano 1535). Secondogenito di Beatrice d’Este e Ludovico il Moro, a causa della prigionìa paterna rimane esule per diversi anni sotto la protezione asburgica. Il 4 aprile 1522 fa il suo ingresso a Milano accolto calorosamente dalla cittadinanza e alla Bicocca comanda vittoriosamente le fanterie (soldati e milizia popolare) e la cavalleria milanese. Il 21 agosto scampa ad un attentato ordito da Bonifacio Visconti e l’anno seguente i Francesi tornano per riconquistare il Ducato, ma alla fine sono battuti a Pavia. Governare Milano e quanto rimane del Ducato è una corsa in salita, fatta d’alterne vicende e d’una malattia che limita ulteriormente le capacità dello Sforza, il quale si spegne nel suo castello sul finire del 1535. Con lui s’estingue l’indipendenza del Ducato, incorporato nei domini asburgici e governato da quell’Antonio de Leyva che tanto l’aveva in urto.

– Franz von Sickingen (Ebenbourg 1481 – Landstuhl 1523). Condottiero tedesco, si occupa non solo di faccende militari, ma anche religiose e politiche, ad esempio fornendo rifugio nel proprio castello a riformatori religiosi quali Martin Lutero; ha un peso rilevante nell’elezione di Carlo V. Fa parte dei Lanzichenecchi di cui è definito uno dei maggiori “imprenditori”.

– Niccolò Vitelli (Città di Castello 1496 – Città di Castello 1529). Travolto dagli eventi diviene capitano di ventura, ma è dedito più agli studi che alle armi. Dopo la Bicocca accetta vari incarichi e tornato alla città natale muore assassinato.